Settembre, tempo di conserve!
Uno
dei miei ricordi più vivi dell'infanzia è legato proprio a questo periodo di fine estate,
quando ci si preparava ad affrontare un lungo inverno cercando di custodire
sott'olio, sott'aceto, sotto vetro i tesori preziosi della bella stagione: melanzane,
zucchine, pesche, peperoncini, prugne e quant'altro, venivano frullati,
bolliti, pigiati, seccati pur di poterli conservare a dovere.
Ma
il momento che in assoluto preferivo era quello in cui si dovevano fare i buttigghi ovvero la passata di pomodoro: un rito che assolutamente coinvolgeva
tutte le famiglie “di ogni ordine e grado”, quindi anche noi bambini.
Ci
si alzava eccitatissimi che ancora era buio e già i grandi erano al lavoro: i
pomodori venivano lavati il giorno prima e messi ad asciugare in grandi ceste
rettangolari poco profonde, le sparrazze, e poi le donne di casa cominciavano a
tagliarli in 2 o 4 pezzi a seconda se si faceva la passata o il pomodoro a
pezzettoni.
Quelli destinati alla passata venivano messi subito a bollire in grandi
pentoloni, le caddhare, per una ventina di minuti e poi messi a scolare il loro
liquido su un lenzuolo bianco legato sopra una grossa tinozza come fosse uno
scolapasta.
Il pomodoro divenuto più asciutto veniva poi passato nella
macchinetta a manovella, per estrarne il succo: una faticaccia... specialmente
quando si dovevano passare le bucce la seconda e a volte anche la terza
volta!
Tutto
il succo del pomodoro veniva raccolto e ben miscelato e quindi con un piccolo
imbuto e un mestolo si procedeva a imbottigliarlo in vasetti o bottiglie già
aromatizzate con qualche foglia di basilico. Il rito si concludeva con la
chiusura dei vasetti ad opera degli uomini
e quindi si procedeva alla bollitura.
Per
i pomodori a pezzettoni il lavoro era riservato a noi bimbi: mia nonna tagliava
i pomodori e noi facevamo a gara a chi riusciva a riempire prima la propria
bottiglia, schiacciando bene i pezzi con dei lunghi bastoncini di legno o con
il manico delle cucchiarelle. Più si schiacciava e più i pomodori mandavano fuori
l'acqua che poi fuoriusciva dalle bottiglie: che divertimento! E nonna
urlava....
Quando
tutto era pronto si procedeva alla bollitura che avveniva fuori casa, nei
giardini o in qualche spazio adatto: si faceva la pila di legna sotto un
trepiedi di ferro ( u' triporu) che sosteneva l'enorme calderone che conteneva
le bottiglie, sistemate meticolosamente e protette da pezzi di stoffa
incastrate tra l'una e l'altra per evitare che durante la bollitura si
potessero rompere. Si versava l'acqua fino a ricoprire l'ultima bottiglia e si
accendeva il fuoco. Era ormai mattina quando cominciavano a bollire e dopo
circa un'ora si spegneva tutto. Spesso tra quelle ceneri calde si sistemavano
patate e peperoni che diventavano il nostro golosissimo pranzo, ben condite e
accompagnate da bruschette.
Oggi
molte cose sono cambiate, la macchinetta a manovella è stata sostituita da
quella elettrica e alla legna si preferisce il gas... ma il resto è rimasto
uguale ad allora.
E'
ovvio che comprare la passata al super è più facile e veloce... e quindi sono
poche le persone che ancora hanno la possibilità e il tempo per mantenere viva
questa tradizione. Io sono fortunata. Tra questi ci sono anche i miei suoceri.
Per cui quando l'altra mattina alle 5,00 mi è suonata la sveglia che mi ricordava
che dovevo andare a raggiungerli in campagna per fare queste foto, ho dovuto
ripensare a tutto questo …. per evitare di farla volare dalla finestra...la sveglia!
Alla prossima!



